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Congregomachìa

Ultima modifica 28 marzo 2022

dal volume Mauro Gioielli, Isernia fra passato e presente, Palladino ditore, Campobasso, 2006, pp. 78-80


All’inizio del secolo scorso, la vita laicale di Isernia fu teatro d’una controversia tra l’Arciconfraternita  di san Nicandro  e san Pietro Celestino 1 e la Congrega di sant’Antonio.  Una disputa che finì in tribunale.

L’arciconfraternita,2 nel giugno 1913, ebbe, dalla Commissione Provinciale di Benefi- cenza, il riconoscimento dell’uso della navata centrale della Chiesa di san Francesco. Ma a sua volta, nel 1882, la congrega aveva ottenuto l’uso del cappellone di sant’Antonio, fa- cente parte della stessa Chiesa, essendone una navata laterale (e la congrega, da molto prima, aveva avuto già l’uso d’una angusta chiesetta confinante col cappellone).3 In tale situazione, s’instaurò una convivenza tra le due organizzazioni para-religiose costrette ad usare la medesima chiesa. Ben presto, però, la convivenza si fece difficile, giacché, di fatto, entrambe le confraternite dovevano usare gli stessi parati, lo stesso campanile, lo stesso organo e, nelle feste più importanti, la stessa navata centrale,4 ossia quella che dà accesso all’ingresso principale della chiesa e alla piazzetta che s’apre su corso Marcelli.

Così i confratelli di san Nicandro, sentitisi lesi, ricorsero al Tribunale di Isernia che, con sentenza del 22-30 luglio 1913, accogliendone l’istanza, dichiarò spettare esclusivamente a loro l’uso della navata principale, del coro dietro l’altare, del campanile, dell’or- gano e degli accessori della Chiesa di san Francesco.5

La congrega di sant’Antonio avanzò ricorso, che fu respinto, nel settembre 1914, con sentenza della Corte d’Appello di Napoli.

La congregomachìa isernina va oltre le semplici dispute fra analoghe organizzazioni che agivano nello stesso àmbito. Fu in verità una lotta fra classi. La confraternita di sant’Antonio era propriamente quella contadina, dei cafoni; mentre la confraternita di san Nicandro e san Pietro Celestino rappresentava soprattutto la media e alta borghesia, i si- gnori.6  La prima, di cultura tradizionale, si legava ad una religiosità popolare antica, ef- fettiva e profonda. La seconda, il più delle volte, si dedicava ad un sentimento religioso di facciata.

Per dare il senso della posizione dell’arciconfraternita, si riporta uno stralcio della memoria difensiva dei suoi avvocati: «La causa ha un alto valore educativo per contadini vio- lenti e testardi che dell’uso della chiesa, che non è di loro proprietà, hanno fatto una vera quistione di classe. Cosa manca a loro per esercitare il loro culto in pace? Nulla; essi hanno la loro sagrestia, la loro chiesa, cioè il cappellone di S. Antonio,  che comprende la metà della chiesa di S. Francesco; hanno l’altare  maggiore e tre altri altari in questa chiesa; hanno un altro altare nell’antica chie- setta, ora sagrestia, ov’è il loro Santo protettore; hanno l’organo, il campanile, l’ingresso separato ecc. No, signori; si vuole anche l’altra metà della chiesa di S. Francesco  e senza averne diritto al- cuno, così per un capriccio, per un dispetto, per farla ai signori».7

Forse l’arciconfraternita la spuntò perché aveva ragione, o più probabilmente perché i signorotti isernini trovavano sovente aiuti compiacenti, anche in sede giudiziaria.


1   San Pietro Celestino è “solo” patrono secondario di Isernia (cfr. M. Gioielli, San Nicandro patrono d’Isernia,
«Extra», III, n. 38, 12 ottobre 1997), benché, il 19 maggio, la città lo festeggi quale patrono principale.
Nel Seicento, Gio. Vincenzo Ciarlanti (Memorie historiche del Sannio,  p. 152), trattando dei santi Nicandro e
Marciano, scrive che «furono presi per protettori da Venafro, Isernia e Atino».
Un altro storico molisano, Giambattista Masciotta (Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. III) sostiene che «i patroni comunali sono i SS. Nicandro,  Marciano  e Daria, la cui festa ricorre annualmente il 17 giugno». Concorda con loro don Antonio M. Mattei (Storia  di Isernia, vol. III) che afferma: «San Nicandro  è patrono principale; S. Pietro Celestino è patrono secondario insieme ai SS. Medici  e a S. Barbara».
La stessa curia isernina lo ha più volte ribadito. Nel volume La Diocesi di Isernia-Venafro  nel 1987, alla voce
“I Nostri Santi e i Nostri Patroni”, si legge che «S. Pietro Celestino V papa» è «Patrono  secondario di Isernia».
Nella stessa pubblicazione, nella parte riguardante la chiesa isernina intitolata a san Pietro Apostolo, si individuano nei «SS. Nicandro, Marciano e Daria» i «Patroni della città».
Nell’Annuario diocesano A.D. 2000 (p. 33), si conferma che i martiri Nicandro, Marciano e Daria sono i «pa- troni  della diocesi e delle due città di Isernia  e Venafro»;  mentre san Pietro Celestino V è semplicemente «pa- trono secondario di Isernia».
Il maggiore teologo isernino del Novecento, il canonico Giuseppe Ruggiero, nel 1948, fece stampare un “foglio volante” intitolato Fra gli astri della Santità:  i SS. Nicandro, Marciano e Daria, Protettori di Isernia. Occorre notare che, a Isernia, benché sia debole la devozione per Celestino V è pressoché nulla quella per san Nicandro. La maggioranza degli isernini ha espresso, nei secoli, la propria preferenza per altri santi, primi fra tutti Cosma e Damiano.
2   Costituitasi con R.D. del 3 gennaio 1838.
3   La congrega trasformò la chiesetta in sacrestia di servizio al cappellone.
4   Per il proficuo svolgimento della festa in onore di sant’Antonio (o altre che si celebrano nella Chiesa di
san Francesco) è fondamentale l’uso della navata centrale.
5   Contro la sentenza del Tribunale di Isernia i confratelli di sant’Antonio inoltrarono ricorso presso la Corte d’Appello di Napoli. Il ricorso fu respinto (cfr. Per  l’Arciconfraternita  di S. Nicandro   e S. Pietro Celestino d’Isernia (appellata) contro Confraternita  di S. Antonio d’Isernia (appellante), Corte di Appello di Napoli, 1ª Se- zione, Udienza del 4 febbraio 1914, Napoli 1914) con sentenza del 26 settembre 1914.
6   A. Mattei, La processione del 19 maggio ad Isernia, «Molise Oggi», XV, n. 20, 23 maggio 1992.
7   Avvocati Nicola Romanelli e Domenico Schiappoli, Archivio curia vescovile, Isernia (cfr. A.M. Mattei,
Storia d’Isernia, vol. III, Dai Borboni alla II guerra mondiale, Napoli 1978, p. 375).