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Il fuoco dei dadofori agnonesi

Ultima modifica 25 marzo 2022

Origini e significati delle ’Ndocciate molisane, i rituali ignei della Notte di Natale Il fuoco dei dadofori agnonesi

di Mauro Gioielli - www.maurogioielli.net

Articolo pubblicato sul settimanale «EXTRA», anno XI, n. 43, 3 dicembre 2004, pp. 16-17

Se il Natale è un momento centrale del Cristianesimo e, nel Molise, esso è ancora oggi celebrato con spettacolari riti ignei, si può affermare che la nostra etnia è tra le più “pagane” d’Italia. I Molisani sono gli ultimi, autentici adoratori del Fuoco.


Mithra, figlio del Sole e Sole egli stesso, stringeva sempre in mano una torcia. La sua torcia era luce, la sua torcia era calore. Solo la torcia di Mithra rendeva gli uomini liberi e felici; illuminava le loro menti, scaldava i loro cuori, indicava loro la strada da percorrere.
È questa la sintesi di un antichissimo racconto mitico legato al mitraismo [1]. Mithra è stata la divinità protagonista di antiche feste solstiziali ed equinoziali [2]; anche di quella che oggi chiamiamo Natale. Infatti, «la festa principale di questo Dio era quella della sua nascita, che cadeva otto giorni prima delle calende di gennaio» [3]. Nel pantheon iraniano, era il Dio che controllava l’ordine cosmico, il cui culto andava considerato sempre in un contesto astrologico.


Il Sole Invitto
Come detto, a Mithra si dedicavano importanti ricorrenze cicliche: tra cui quella del solstizio (solis statio, la sosta del sole) d’inverno. A dicembre, dopo che il sole era giunto alla sua minima altezza nell’emisfero nord, si celebrava il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del sole invitto) che coincideva con il momento in cui l’astro fulgente, dopo il massimo declino, aveva da poco ripreso la sua ascesa celeste. Tale momento “critico” è quello in cui si comincia a percepire concretamente l’eliorinascenza stagionale [4].
Dalla Persia, dopo secoli, il mitraismo [5] giunse nell’antica Roma, dove fu anche religio militis. In epoca imperiale, ebbe grande diffusione, poi cominciò a soffrire la concorrenza del Cristianesimo. Finché, col tempo, l’antico culto pagano fu del tutto soppiantato dalla nuova religione.                                                                

Il sacro giorno della (ri)nascita del Dio Sole aveva valore magico e propiziatorio, poiché la Stella Invitta rappresentava sia la luce da contrapporre alle tenebre delle lunghe notti invernali sia il calore che doveva scaldare le fredde giornate cheimerine. Il Cristianesimo riuscì a trasferire a sé tali pratiche religiose, modificando la “nascita del sole” con la “nascita di Cristo”, e la “luce solare” con la “luce divina del Figlio di Dio”. Il sincretismo si compì lentamente, finché la notte tra il 24 e il 25 dicembre, cioè la nox postsolstiziale che coincideva con l’occasione in cui ormai da secoli si festeggiava una luminosa genesi astrale, divenne anche la notte della nascita del nostro Dio.
Difatti, la data della (presunta) natività di Cristo è sconosciuta [soprattutto perché, in realtà, l’evento non s'è mai verificato]. Neppure i Vangeli la segnalano con precisione, anzi l’evangelista Luca allude a circostanze che fanno pensare ad un periodo diverso da quello invernale. Solo nel IV secolo si consolida la tradizione di festeggiare il Natale di Gesù il 25 dicembre. Tale giorno è una data convenzionale, scelta, come detto, in ragione di passaggi ciclici stagionali e frutto d’un processo sincretico.

La torcia di Mithra
Mithra era identificato con la vis solare, con la lux invincibile. L’elemento simbolico che fu scelto per identificare una tale divinità era l’unico che potesse raffigurare realisticamente il sole: il fuoco [6] quale elemento che possiede, insieme, le due qualità solari: luce e calore. Ecco, quindi, che uno degli attributi materiali di Mithra divenne – come narra il mito – la torcia; e sovente, una fiaccola era sufficiente da sola a rappresentare il Dio; benché lo si trovi quasi sempre raffigurato nell’atto di uccidere un toro (taurobolo). Egli «aveva sul capo il berretto frigio, stringeva in una mano il coltello sacrificale e nell’altra una torcia» [7].

Il fuoco e le torce, dunque, erano l’essenza fondamentale delle celebrazioni della festa del Sol Invictus. Non a caso, la venuta di Mithra sulla terra, è stata anticamente simboleggiata con l’immagine di due fiaccole (scaturenti dalla Stella Invitta) rivolte verso il suolo.

Secondo la mitologia classica, Mithra aveva due ‘scudieri’, due numi daidophori (portatori di fiaccole) [Fig. 2], di nome Cautes e Cautopates. Nelle cerimonie dedicate al Dio Sole immancabilmente venivano accese torce (monofiaccole e polifiaccole), condotte poi in processione da sacerdoti-dadofori. Non possono sfuggire le analogie tra i cortei processionali mitraici e la ’Ndocciata agnonese.


Le torce molisane
In modo significante, le torce – che nel linguaggio locale sono dette ’ndocce (da torcia, appunto, vocabolo corrotto in ’ntorcia, ’ndorcia, e infine ’ndoccia) – sono l’elemento caratteristico dei culti natalizi molisani. Nella nostra regione sopravvive, in forma quasi pura e incontaminata, l’aspetto mitraico dei riti solstiziali. Nel Molise, tali feste conservano – con le opportune letture in chiave “contemporanea” – quanto di più arcaico e primordiale ci sia nei cerimoniali ignei dell’odierno Natale.

Ad Agnone, Oratino (qui il falò è denominato faglia, probabilmente dal latino facula = piccola fiaccola, torcia) e negli altri centri che conservano rituali analoghi (Acquaviva Collecroce, Bagnoli del Trigno, Belmonte del Sannio, Castelverrino, Filignano, Montefalcone nel Sannio, Pescopennataro, Pietrabbondante, Roccavivara, Poggio Sannita, Pietracupa, Sant’Angelo del Pesco), ci si abbandona, ancora oggi dopo millenni, alla adorazione del fuoco. Gesù Bambino c’entra poco o nulla. È figura sovrapposta.

Nello svolgimento dei riti popolari del Natale molisano [8] non s’è mai concretizzato compiutamente il sincretismo che tende a cancellare il pagano Dio Sole surrogandolo col Nuovo Sole cristiano.


Note

[1] V. Sarkhosh Curtis, Persian Myths, London 1993.

[2] A. Cattabiani, Lunario, Milano 1994, pp. 86, 124, 165-166, 303.

[3] Ab. Declaustre, Dizionario mitologico, ed. ital., Napoli 1834, vol. II, tomo IV, p. 137.

[4] M. Gioielli, Gli ultimi adoratori del Fuoco, «Il Quotidiano del Molise», IV, n. 339, 10 dicembre 2001.

[5] D. Cinti, Dizionario Mitologico, Milano 1989, pp. 190-191.

[6] J.G. Frazer, Myths of the Origin of Fire, London 1930.

[7] A. Cattabiani, Calendario, Milano 1994, p. 71.

[8] M. Gioielli, Natale Molisano, ed. ampl., Campobasso 2004.